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La fauna in Abruzzo: Il lupo appenninico - Info Point Regione Abruzzo

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La fauna in Abruzzo: Il lupo appenninico

Le meraviglie > Flora e Fauna > La Fauna in Abruzzo > I Mammiferi carnivori
La  fauna in Abruzzo

La biodiversità è davvero sorprendente, e in effetti le specie animali spesso meno visibili o meno note tendono a essere oscurate da quelle che sono più iconiche. In Abruzzo, così come nelle grandi savane africane, molte specie rare o peculiari si trovano in secondo piano, come il caso degli orsi marsicani, dei lupi appenninici e delle aquile reali, che dominano l'immaginario collettivo. Questo fenomeno fa sì che animali meno conosciuti ma straordinari, come il capovaccaio o il gatto selvatico europeo, rimangano quasi invisibili agli occhi di molti, nonostante la loro bellezza e unicità.

Abruzzo ospita anche altre specie peculiari di rettili, anfibi e insetti, che abitano ecosistemi unici come le faggete vetuste, patrimonio dell'UNESCO, o le aree umide e montane. È un esempio di come la diversità ecologica non si concentri solo su specie emblematiche ma includa una varietà di esseri viventi che costituiscono un patrimonio naturale eccezionale.
La fauna in Abruzzo: Il lupo appenninico
Categoria: Mammiferi carnivori

I Mammiferi carnivori. Fino a pochi anni fa, tutti i carnivori erano perseguitati perché considerati “nocivi” per la selvaggina. Ora, però, ci si è accorti che svolgono una preziosa opera di controllo e selezione naturale delle prede, difficilmente o per niente sostituibile dagli interventi umani. Molte specie (come martore e lontre) sono in via di estinzione a causa del degrado ambientale e dell’inquinamento dei corsi d’acqua. La legge sulla caccia, infatti, permette l’uccisione solo delle due specie più comuni (volpe e donnola) e protegge quindi tutti gli altri carnivori. Ogni uccisione o cattura di altre specie deve essere segnalata agli agenti di vigilanza (Guardiacaccia, Guardia del Corpo Forestale ecc.), tenendo presente che il lupo e l’orso sono per legge “particolarmente protetti”, e chi li uccide rischia una multa salata.
 
Il lupo appenninico
Non c’è animale che sia stato più ingiustamente calunniato del lupo. Accusato di spietata ferocia, ridotto a simbolo di malvagità nelle favole per bambini e nei cartoni animati, considerato sterminatore di greggi, il lupo italiano (Canis lupus italicus) conta ormai un bassissimo contingente di esemplari nella nostra penisola. Eppure, la sua figura è tutta da ridimensionare nell’opinione pubblica, anche tenendo conto del fatto che si tratta di una sottospecie particolare, presente solo sui rilievi appenninici. Considerato per secoli un animale nocivo (quanti premi sono stati assegnati dalle amministrazioni a chi uccideva un lupo!), questo interessante carnivoro svolge un ruolo importantissimo nell’ecosistema montano: esso infatti regola numericamente le popolazioni di piccoli roditori, conigli, serpenti e altri rettili, che potrebbero diventare troppo numerosi se non esistesse un predatore che ne diradi i ranghi, e regola anche le popolazioni dei mammiferi più grandi (caprioli, camosci, cervi, ecc.) abbattendo i capi vecchi, malati, o i giovani geneticamente imperfetti, di cui va evitata la riproduzione. Le popolazioni di questi grossi erbivori, se non sono regolate dai predatori, si accrescono troppo e diventano soggette a malattie; tanto è vero che in alcune zone protette tocca proprio ai guardaparco procedere all’abbattimento dei capi in eccesso, dei vecchi e dei malati. È un dato di fatto che la popolazione dei camosci d’Abruzzo è, per esempio, straordinariamente sana.
Il lupo è un animale notturno ed elusivo che, se non è spinto da una fame disperata, non avvicina né l’uomo né le greggi. Chi ha visitato il Parco nazionale d’Abruzzo percorrendo i sentieri più volte sa che l’incontro con il lupo è praticamente impossibile; solo in inverno, quando il cibo è meno abbondante, l’animale osa un po’ di più. Ma è da sfatare la diceria che si tratti di un essere ‘famelico’: un branco di 5-6 individui, dopo giorni di digiuno, ha assolutamente bisogno di un cervo, di un capriolo... o di una pecora! Sebbene siano rari gli episodi di predazione di animali da gregge, saltuariamente ciò può accadere. Spesso, tuttavia, nell’ambito del territorio del Parco, le morti di pecore attribuite ai lupi sono invece imputabili a gruppi di cani randagi, che purtroppo abbondano e costituiscono talora un problema anche per gli escursionisti. La perdita del bestiame ad opera del lupo viene risarcita al pastore, ma ciò non basta a rendere più accettabile questo stupendo animale, e spesso si devono risarcire anche le pecore uccise dai cani!
Nell’ambito del territorio protetto, i lupi vivono nelle aree meno frequentate, evitando di incontrare gli esseri umani; chi percorre i sentieri in primavera, prima del completo disgelo, potrà trovare sulla neve orme ed escrementi dell’animale. Estremamente sociale, il lupo ha bisogno del branco, dedica ai piccoli cure assidue e cerca la coesione con i suoi simili attraverso il ben noto ululato: un richiamo per non sentirsi soli e per rafforzare i legami di gruppo. Nel branco vige una gerarchia assai rigida, al vertice della quale si trova il maschio dominante, con la sua femmina, l’unica che si riproduce.
Già nel 1970, il direttore del Parco, Franco Tassi, aveva proposto quel ciclo di attività che, con il nome di Operazione San Francesco, prese avvio nel 1971, vedendo la collaborazione del WWF con il Parco nazionale d’Abruzzo. In un clima di caccia spietata e di odio anche verso i protezionisti, incominciò la lotta per la salvaguardia e la riabilitazione del lupo, destinata a incontrare non poche difficoltà. Nel 1974, presso il Centro studi ecologici appenninici del Parco, con sede a Pescasseroli, nasceva il gruppo Lupo Italia, un organismo specifico destinato alla realizzazione pratica dell’Operazione San Francesco. Il gruppo ha effettuato numerosi censimenti, prima con l’impiego di radiocollari e, di recente, con il metodo del wolf-howling, cioè del richiamo con registrazione delle risposte, che permette di riconoscere vocalmente ogni lupo senza provocargli alcun disagio.
L’ultima valutazione ha permesso di calcolare il contingente di lupi italiani in circa 250 esemplari lungo la catena appenninica, dalla Calabria alla Toscana, che, ancora tra ostilità e calunnie, hanno forse la possibilità di non morire, grazie anche al decreto ministeriale del 1976 che sancisce la protezione del lupo su scala nazionale. Dunque, vale davvero la pena di imparare a conoscere questo nobile animale, la cui popolazione è stata decimata dal degrado e dalla trasformazione dell’ambiente, dalla mancanza di prede adeguate, nonché dalla caccia sostenuta, più che dalla necessità, da un odio le cui motivazioni si perdono ormai nella notte dei tempi. Il lupo rappresenta una delle specie più bisognose di protezione.

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