L’Abruzzo in tutte le stagioni
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Dodici mesi l’anno, la natura d’Abruzzo va in scena ogni giorno: e ogni giorno lo spettacolo è nuovo, diverso, emozionante. Ogni stagione, infatti, con i suoi colori, i suoi profumi, i suoi doni, può essere il momento
nel quale perdersi un po’ per ritrovare se stessi.
Le stagioni migliori per scoprire l’Abruzzo e la sua natura sono la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno; nelle altre stagioni, invece, si sconsiglia la visita.
In Abruzzo infatti la natura è protagonista dodici mesi l’anno, sempre se stessa e sempre diversa. Col ruotare delle stagioni, luci, colori e profumi si modificano al punto che il distratto stenterà a riconoscere in autunno il prato o la faggeta attraversati in estate. Questa avrà cambiato completamente aspetto, tingendosi di tutti i toni del rosso, del giallo e dell’oro.
L’inverno trasforma gran parte della regione, e spesso per molti mesi l’anno, in una valida succursale del Grande Nord. Gli altipiani, nella luce tersa delle gelide albe, sembrano distendersi all’infinito, in panorami da Tibet, mentre le cascate, rumorose ed allegre nelle altre stagioni, sono trasformate in mastodontiche colonne di gelo che sfidano gli alpinisti a difficili arrampicate. Più a valle, nella Riserva delle Sorgenti del Pescara o nelle altre zone umide sottoposte a tutela, la nebbia mattutina colora di mistero i folti canneti fra i quali è facile avvistare anatre, folaghe e aironi.
A primavera, quando il contatto dell’erba nuova sulla pelle è morbido e rassicurante, è un’esplosione di colori, profumi, suoni. Il giallo dei maggiociondoli fra i quali incede, lento, il maestoso orso, si contrappone al verde brillante delle tenere foglie dei faggi della Val Fondillo o del monumentale bosco di S. Antonio, mentre, sul versante pescarese del Gran Sasso, il verdissimo anfiteatro del Voltigno torna ad ospitare ricche fioriture tra cui spiccano i vistosi gigli rossi.
D’estate il pieno rigoglio della natura conferisce all’intera regione lo splendore della maturità: i boschi e i prati verdissimi dei monti, gli sterminati altipiani costellati di mandrie e greggi al pascolo, le messi mature e i frutteti ricolmi delle colline, le spiagge assolate della costa, dominate dal Gran Sasso e dalla Majella che sono lì ad un passo, rappresentano un’emozione che in Abruzzo si tinge di un piacere particolare: quello della scoperta.
Seguire le presenze e i ritmi stagionali della ricca fauna dei Parchi abruzzesi è uno dei modi con cui impegnare qualche weekend nelle quattro stagioni. Non è facilissimo farlo, richiede una certa pratica e una buona conoscenza sia dei luoghi che delle abitudini delle varie specie: ma certo l’Abruzzo è il luogo ideale per imparare a farlo, magari in una Riserva o lungo un sentiero-Natura, con l’aiuto e l’insegnamento di una guida naturalistica.
Anche il birdwatching, una pratica naturalistica di origine anglosassone che conta sempre più appassionati, trova nell’Abruzzo uno degli ambienti di più ottimale pratica per l’ampiezza della sua natura protetta, per la enorme biodiversità che custodisce, per la estrema varietà di ambienti ed ecosistemi di cui dispone.

Per passare splendide giornate all’aria aperta ci si può inoltre dedicare alla raccolta dei funghi, una pratica che conta migliaia di appassionati capaci e disposti a compiere trasferte complesse con levatacce antelucane pur di portare a casa i preziosi miceti!
È tuttavia una pratica che non si può improvvisare: richiede innanzitutto una solida formazione micologica, ovvero al riconoscimento delle specie, quindi ecologica, per capire quali sono gli ambienti e le condizioni di sviluppo delle varie specie eduli, cioè mangerecce. Mai rischiare, scommettendo su competenze improvvisate o impressioni superficiali: i rischi possono essere altissimi!
Quindi, prima che possiate definirvi profondi conoscitori, fate sempre selezionare i funghi raccolti da un esperto micologo (ogni comune dispone di uno o più tecnici esperti). Nelle quattro stagioni, gli innumerevoli boschi d’Abruzzo non dispensano solo funghi e tartufi (che per la ricerca e raccolta richiedono competenze che non si possono improvvisare): assai più facilmente, magari coinvolgendo nella “caccia” anche i bambini che ne sono golosissimi, è infatti possibile la raccolta dei frutti di bosco: fragole, lamponi, ribes, mirtilli, uvaspina, rosa canina, nocciole, castagne e altri ancora, più o meno noti.
Anche questa è una pratica in pieno sviluppo, legata ai cicli di fruttificazione stagionale delle varie piante da frutto spontanee.
A queste ghiotte opportunità bisogna poi aggiungere la possibilità, tipica dell’Abruzzo montano, di raccogliere i frutti degli alberi e dei frutteti abbandonati: una volta coltivato sin quasi ai duemila metri, il territorio montano abruzzese è ormai quasi totalmente incolto; ma innumerevoli alberi da frutto restano a testimoniare come ancora fino a pochi decenni fa le comunità locali fossero costrette a spingere le coltivazioni fino al limite estremo per provvedere ai propri bisogni. Ecco allora i grandi mandorleti dell’aquilano, i meli e i peri di specie antiche, i meli cotogni (con i cui bitorzoluti frutti si realizzano marmellate meravigliose) e soprattutto i ciliegi e gli amareni di montagna, dai frutti piccoli ma dalla fragranza memorabile (con le amarene, fra l’altro, non è difficile imparare a realizzare un liquore tipico abruzzese, la ratafià, dolce e profumatissimo).


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